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di Francesca Parrilla e Simona Carotenuto

Gli Orsini, oltre a contare diversi pontefici, porporati, ecclesiastici e suore nel proprio lignaggio, furono fermamente convinti che a far parte della famiglia vi fossero stati San Benedetto e Santa Scolastica, ritenuti discendenti di Probo Orsino. Molti esponenti della famiglia si distinsero per l’intensità del rapporto spirituale e religioso e tra questi si deve ricordare Lelio Orsini di Bracciano il cui comportamento sfiorò il misticismo. Come tramandano le fonti, il principe amava indossare l’abito francescano, andare in giro scalzo e la mattina al risveglio meditare a lungo stando sdraiato in terra. Anche le opere da lui acquisite sembrano riflettere una particolare vocazione religiosa (fig. 1). Prima di lui agli inizi del Seicento il duca Virginio Orsini aveva intrattenuto una privilegiata amicizia con il mistico padre Domenico di Gesù e Maria dell’ordine dei Carmelitani Scalzi, noto per essere stato il vessillifero della Battaglia della Montagna Bianca riportando a Roma l’icona di Santa Maria della Vittoria.
Un ruolo particolare è incarnato dalle esponenti del casato che sia a Roma sia nei feudi hanno svolto una azione primaria nel sovvenzionare e commissionare conventi, altari e cappelle affinché fosse lasciato un segno tangibile dello loro devozione.

Maria Maddalena Orsini figlia di Camillo Orsini, Signore di Lamentana, e di Elisabetta Baglioni, fin da bambina si distinse per le spiccate doti intellettuali e per la delicata sensibilità verso i temi di carattere religioso. Nel 1548 sposò Lelio della famiglia dell’Anguillara da Ceri ma non ebbe figli, e dopo la morte del marito decise di istituire un convento di clausura per ospitare le monache Domenicane, accanto al monastero di Santa Chiara al Quirinale fondato da Giovanna d’Aragona. Il sacerdote domenicano Bonaventura Borselli nel 1668 diede alle stampe un volume sulla vita della pia donna, fornendo preziose informazioni sulle contrastate fasi della costruzione del convento. Il motivo di queste controversie fu l’impronta savonaroliana data da Maria Maddalena alla conduzione della vita conventuale, criticata da alcuni esponenti della Curia. Tuttavia, grazie all’appoggio di nobili famiglie come i Farnese, i Cesi e i Della Rovere, e di personaggi come S. Filippo Neri e Cesare Baronio, il convento durante la fine del Cinquecento divenne un punto di riferimento per la vita religiosa romana.(figg. 2-3)
L’edificio fu distrutto nel 1888 insieme a quello fondato da Francesca Baglioni Orsini per consentire la realizzazione di un giardino adiacente al palazzo del Quirinale in occasione della visita dell’Imperatore di Germania Guglielmo II (fig. 4).

Francesca Baglioni Orsini nacque a Firenze nel 1538 da Pirro Baglioni Colonna (figliastro di Ascanio Colonna e Giovanna d’Aragona) e Caterina di Galeotto de’ Medici. La nobildonna sposò giovanissima Francesco Orsini, Signore di Monterotondo, condottiero dell’esercito francese e toscano. Stimata presso la corte di Ferdinando de’ Medici per le sue straordinarie qualità morali, Francesca fu scelta quale istitutrice delle principesse Eleonora e Maria de’ Medici.
Alla morte del marito (1593) si trasferì definitivamente a Roma, dove già durante i primi anni del matrimonio aveva soggiornato dando libera espressione alla sua profonda devozione: intorno al 1576, fece realizzare la cappella della Natività (oggi Ghislieri) nella chiesa di San Silvestro al Quirinale, ceduta secondo le sue disposizioni testamentarie alla cura dei padri teatini. (fig. 5-6)
Con l’inizio del nuovo secolo, Francesca portò a termine la sua impresa più grande: la fondazione del monastero di Santa Maria dell’Umiltà ai piedi del Quirinale. Il convento, dotato anche di una piccola chiesa affrescata, secondo le fonti, da Francesco Nappi, seguiva la regola domenicana e prediligeva le monache di nobili origini, nubili e con pochi mezzi. Al monastero come detto toccò la stessa sorte di quello fondato da Maria Maddalena Orsini.
Un ritratto della Orsini dipinto da Scipione Pulzone è descritto nell’inventario della collezione Ludovisi (1623 e 1633): il legame con il pittore di Gaeta è confermato da alcuni documenti che testimoniano il ruolo di madrina assunto dalla pia donna per il figlio dell’artista.

Felice Maria Orsini, figlia di Ferdinando II Orsini, duca di Gravina, e Costanza Gesualdo, rimasta vedova di Don Pietro Caetani, sesto duca di Sermoneta, subentrò al titolo nobiliare come nona duchessa di Gravina e di San Marco Argentano per la morte del fratello nel 1627. In assenza di una discendenza filiale vendette il feudo di Gravina al cugino Pietro Orsini, conservando il territorio di San Marco che gestì da attenta amministratrice. La sua profonda devozione per la Madonna di Santa Maria in Portico, la spinse a ritirarsi nel Monastero di Tor de’ Specchi e a vestire l’abito monacale e, a partire dal 1632, a finanziare la costruzione di una chiesa con annesso monastero a Napoli. Tutti i suoi beni, alla sua morte, saranno donati alla Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Dal 1635 si occupò della decorazione della Cappella di San Francesco Saverio nella Chiesa napoletana del Gesù Nuovo (fig. 7) che portò avanti fino alla morte per adempiere anche alla volontà di sua cognata, Beatrice Orsini

Dorotea Orsini fu figura dalla grande personalità. Figlia di Flaminio Orsini secondo conte di Muro Lucano e Aurelia di Capua, nel 1641 alla morte del marito, il duca Pietro Orsini, che aveva comprato il feudo gravinese da Felice Maria Orsini, si ritrovò a dover gestire l’importante patrimonio per conto dei figli ancora minorenni. I suoi interessi furono rivolti inizialmente alla salvaguardia e alla conservazione dei privilegi della sua casata che, come accorta economa e “prudentissima madre”, amministrò. Amorevole e generosa, quando nel 1650 fu esonerata dall’amministrazione del patrimonio familiare, rinunciò al territorio di Muro Lucano, in favore del figlio primogenito Ferdinando (undicesimo Duca di Gravina), gravato da numerosi debiti feudali ereditati dal padre. Sovrana indiscussa della terra di Solofra, che gestì fino alla sua morte, fu prodiga di donazioni verso il monastero di Santa Maria delle Grazie, dove risultano monacate molte esponenti della famiglia tra le quali Giustiniana sorella di Don Pietro e Aurelia Orsini sua figlia. «Per la gran devotione, che tiene allo Glorioso Patriarcha San Domenico, et a tutta la sua Religione» fondò il monastero di San Domenico a Solofra dell’osservanza dei Cavoti (fig. 8), e stabilì in perpetuo, nella nuova chiesa da erigere, la messa in onore della Madonna del Rosario, celebrata dal dipinto di Francesco Guarini, in cui Dorotea fu raffigurata inginocchiata di fronte al basamento marmoreo, e introdotta al cospetto della Vergine col Bambino da San Domenico (fig. 9). Prima della sua morte (1665) istituì diverse cappellanie nella chiese solofrane: nella Cappella del Monte dei morti, eretta nella Collegiata di san Michele Arcangelo a Solofra, nella cappella dedicata a Sant’Antonio nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, nella Cappella di San Nicola da Tolentino nella perduta chiesa di Sant’Agostino. Dispose inoltre le elemosine da effettuare in perpetuo dai suoi eredi ai Padri di San Francesco, alla chiesa del Soccorso, alla Madonna di Capodigiano, ai padri cappuccini e alle monastero femminile di Muro Lucano. 

Giovanna Frangipane della Tolfa fu donna religiosa e pia; figlia di Carlo Frangipane della Tolfa, secondo duca di Grumo e Fulvia del Tufo, entrò in tenera età nell’educandato delle suore di Santa Chiara a Napoli. Nel 1647 sposò Ferdinando Orsini, undicesimo duca di Gravina, insieme al quale fondò nel 1649 la chiesa del suffragio di Gravina ma, rimasta vedova nel 1658, trascorse gli anni successivi all’ombra della suocera Dorotea, educando i figli minori e l’erede universale Pier Francesco Orsini. La chiesa gravinese fu dotata di un altare con l’Annunciazione di Angelo Solimena (fig. 10). Molto protettiva nei confronti del figlio maschio primogenito, Giovanna farà valere i suoi diritti ereditari garantendogli una rendita sulla terra di Solofra per assecondare la naturale inclinazione del figlio che, rinunciando al titolo feudale in favore del fratello secondogenito Domenico, scelse di indossare l’abito domenicano col nome di fra Vincenzo Maria Orsini. Prodiga con il Monastero di Santa Maria delle Grazie dove risultano educande le due figlie Scolastica e Dorotea, e con la perduta chiesa di sant’Agostino a Solofra, la sua devozione fu particolarmente manifesta verso l’ordine domenicano. Riuscì a ottenere l’erezione della chiesa di Santa Maria con l’annesso Monastero domenicano a Gravina (1677) e nel 1681 completò il suo percorso spirituale indossando l’abito monacale col nome di Suor Maria Battista dello Spirito Santo.

  • fig. 1 - Lorenzo Lotto, Cristo Portacroce, Parigi, Musée du Louvre.
  • fig. 2 - Testamento di Maria Maddalena Orsini (su gentile concessione dell’Archivio Storico Capitolino).
  • fig. 3 - Achille Pinelli, Santa Maria Maddalena al Quirinale, 1834, acquerello
  • fig. 4 - Antonio Tempesta, Pianta di Roma, 1693.
  • fig. 5 - Marcello Venusti, La Natività, cappella Ghislieri, già Orsini.
  • fig. 6 - Archivio Orsini, I. serie, Miscellenea 94, f. 484 (su gentile concessione dell’Archivio Storico Capitolino).
  • fig. 7 - Cappella di San Francesco Saverio, Napoli, Gesù Nuovo.
  • fig. 8 - Donazione di Dorotea Orsini, Archivio di Stato di Avellino, Notaio Francesco Pepe, fasc. 4168, f. 213v
  • fig. 9 - Francesco Guarini, Madonna del Rosario e Santi, Solofra, chiesa di S. Domenico.
  • fig. 10 - Angelo Solimena, Annunciazione, Gravina, chiesa S. Maria del Suffragio.

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